Nel traffico la coda è uno stress progressivo.
Prima la speranza (“Vedrai che dura poco”).
Poi l’illusione (“Vedi che si muove? Lentamente, ma si muove”).
Poi la consapevolezza (“Non si muove per niente”).
Poi la rabbia (“Ma perché non si muove?”).
Poi la disperazione (“Perderò minimo due ore!”).
Poi la rassegnazione (“Prima o poi tutto finisce”).
E la coda accanto che va sempre più veloce.
In amore un uomo per conquistare una bella donna deve sempre mettersi in coda.
Al supermercato, superate qualcuno in coda alla cassa e scoprirete cosa siano gli sport estremi.
All’ufficio Postale più è urgente il motivo per il quale si fa la coda, più lento sarà l’impiegato allo sportello.
Nella vita di solito le file ci fanno rallentare, sono statiche e ci rubano il nostro tempo. Ma quando si corre e gli atleti sono uno in fila all’altro significa che si sta andando a tutta, che ognuno fa affidamento sul compagno che fende l’aria per lui. Quando i cambi sono automatizzati in una fila a ventaglio per non perdere neanche un secondo allora significa che il gruppo è affiatato e che ognuno si fida dell’altro.
Oggi la sensazione, con le scarpe che battevano la strada, era proprio quella.
Che bello! Queste sono le file a tutta che piacciono a noi.
Se poi guardiamo indietro potremo meravigliarci di quando i chip non esistevano e di quando le file alla fine della gara erano all’ordine del giorno.
(Tratto da Correva l’anno, di Max Monteforte)