Per divertimento e solidarietà, la 40Virtual Run ha dimostrato come insieme si fa la differenza e si può cambiare qualcosa. Oltre all’aspetto economico – molto importante per queste realtà – quel che è emerso dall’esperienza della corsa virtuale più partecipata post quarantena è stata la certezza che lavorare bene e in modo trasparente, anche in Italia – dove lo scetticismo è sovrano – il binomio Sport e Charity può diventare un vero e proprio strumento a sostegno delle Onlus.
Abbiamo chiesto un’opinione a Diana Vitali, istruttrice di equitazione e fondatrice di SOD Italia, l’Associazione Italiana Displasia Setto Ottica e Ipoplasia del Nervo Ottico nata per aiutare le persone colpite da questa malattia rara a capire bene come si associa sport e solidarietà.
Lo sport ha il potere di cambiare il mondo è un potente strumento per rafforzare i legami sociali e promuovere lo sviluppo sostenibile, la pace, e la solidarietà e il rispetto. Dal punto di vista di una Onlus, che ruolo gioca lo Sport?
Lo sport per una Onlus è stare bene. E’ speranza, socializzazione, sostenibilità. E’ migliorare la qualità della vita in tutti gli aspetti! Tuttavia, per rispondere a questa domanda bisogna prima chiedersi, cosa è una onlus che si dedica ad una malattia rara.
Immagina di essere una giovane mamma con una bambina con tanti problemi di salute che mettono la sua vita costantemente a rischio e che nessuno sa darti le risposte. Oltre a questo, aggiungi altre disabilità come ipovisione grave, deficit cognitivo, disturbi del linguaggio, problematiche neurologiche, epilessia e di dover andare da specialisti e riabilitazione diversi per ognuna di queste cose. Immagina di non avere una diagnosi e di sforzarti di capire cosa succede a tua figlia quando sta male. Un giorno, poi, esce una diagnosi: SOD o displasia setto ottica. Inizi allora a trovare qualche informazione in inglese e cominci a cercare altre famiglie, per capire, per aiutarli e farti aiutare. Sod ITALIA è nata cosi affinché nessuno sia lasciato solo a combattere con questa malattia.
Tornando a noi e alla nostra domanda, io ho sempre creduto nello sport che puoi aiutare a informare. Sono un istruttore di equitazione specializzata in riabilitazione equestre (o terapia assistita con il cavallo) e con SOD ITALIA abbiamo voluto sostenere lo sport per persone con disabilità come strumento riabilitativo integrato. Lo sport è in altre parole benessere ed inclusione! E si sposa bene con una un’ onlus dove la maggior parte del lavoro è volontario e si hanno poche risorse da mettere in campo. Lo sport entra in campo a sostegno della onlus. Arrivano gli amici runners a sostenerci.
Qual è la disciplina sportiva che si può definire più “sensibile” nel promuovere azioni di beneficenza per il sostegno alla ricerca scientifica?
Certamente il mondo del running è strettamente collegato alla solidarietà ed è bellissimo perché è un modo gioioso di parlare di malattie e problemi. E’ un approccio positivo, una sfida, un andare oltre la vittoria. D’altra parte gli eventi di running sono di massa non paragonabili a nessun altro sport. Al di là del running, tutto lo sport in generale raggiunge molte persone ed è utile per sensibilizzare, far conoscere diverse problematiche ma soprattutto un valido aiuto per raccogliere fondi a sostegno di progetti nazionali e internazionali.
In Italia il binomio Sport – Charity non è così di moda. Basta pensare alla differenza che si riscontrano con le grandi maratone internazionali dove si possono ottenere dei pettorali sostenendo dei progetti di alcune onlus. A cosa è legato questo scetticismo nel nostro Paese?
In generale la beneficienza in Italia ha uno stile un po’ antiquato. Per ricevere donazioni sembra che si debba anche fare un po’ pena, far sentire gli altri in colpa, così saranno generosi con una falsamente altruistica donazione! All’estero c’è uno spirito diverso rispetto alle organizzazioni no profit alle quali è riconosciuto il servizio che rendono alla società e hanno spesso sovvenzioni dirette dal governo. Da noi c’è anche molto scetticismo sulla trasparenza, ovviamente a causa di balordi che se ne sono approfittati. Il problema è che lo sport è un diritto, l’abbattimento di barriere è un diritto, la salute è un diritto uguale per tutti e questo ancora non c’è!
Un semplice evento come 40ena virtual run ha smosso il mondo dei social e dimostrato che si possono ottenere dei risultati anche in dimensioni maggiori. Crede siate stati un trampolino di lancio per molte altre iniziative del genere? Insomma, vi sentite un po’ i pionieri di un nuovo modo di vivere lo sport?
Io credo che quando una cosa abbia valore, questa si spande e diventa contagiosa. Portare la joëlette nelle corse podistiche ha un valore intrinseco: è bello e mette allegria. Nessuno lo sa fare come noi, intendiamoci, e nessuno lo può fare senza di noi, ovviamente, perché noi lo facciamo con la magia, la magia della Joelette!
Per ottenere questi risultati, oltre alla magia, occorre grande professionalità! I nostri volontari hanno messo in campo risorse eccezionali e realizzato qualcosa che io sognavo da almeno 10 anni! Le persone con qualche disabilità hanno molto da dare, hanno un’eccezionalità che è una ricchezza, dalle difficoltà si sviluppano risorse e si generano doni per gli altri. Questa è l’eccezionalità di cui vogliamo essere promotori! Lo sport è un diritto di tutti e siamo ancora troppo indietro. Non è accettabile! La 40ena virtual run è stata un evento eccezionale perché ha toccato il cuore di tante persone e soprattutto è riuscita ad unire in un unico evento tante ASD podistiche, cosa eccezionale. Non è per caso ma grazie all’impegno e alla professionalità del comitato organizzatore. E poi, lasciamelo dire, mi piace pensare di raccogliere quello che ho seminato in tanti anni …
Come è stato vissuto questo successo dai maggiori protagonisti della 40ena virtual run: i giovani che non hanno potuto correre con le loro joelette?
La quarantena ha messo a dura prova le famiglie di persone con disabilità. Per non parlare delle persone con malattia rara che hanno visto annullare le terapie. Per tutti c’è stato una specie di scollamento dalla realtà e per molte persone è stata dura. La cosa bella della joelette è che si forma un equipaggio e si diventa amici e ci si vuole bene. Le persone dunque instaurano una sorta di relazione, di amicizia. Ecco la quarantena non ha permesso questo “relazionarsi”.
Noi, però non ci siamo abbattuti e qualcosa anche in quarantena si è smosso: alla 40ena virtual run per esempio si sono formati nuovi equipaggi. Un esempio su tutti all’Isola D’Elba, dove è arrivata una nuova joelette per Maurizio! La storia dell’Isola D’Elba è un bell’esempio di come negli anni si sia costruito qualcosa! Grazie a Leonardo Paleari e Marco Bailetti dell’associazione IL CAMMINO POSSIBILE, abbiamo partecipato alla Maratona dell’Isola D’Elba e abbiamo coinvolto due ragazzi, che ora hanno i loro team e le loro joelette! La 40ena virtual run è parte di questo e di un futuro in cui con maggiori risorse (non ultime quelle economiche!) sempre più persone saranno coinvolte e sempre più barriere saranno abbattute!